È possibile nell’era del web e di internet allenare l’intelligenza emotiva?
La riflessione prende spunto da una nostra recente esperienza e sfida che ci ha visto coinvolti come Executive coach in un percorso di Group coaching interamente gestito in modalità remota e destinato a figure manageriali chiave. Il percorso si è articolato in quattro incontri di circa tre ore, su piattaforma web, cui partecipava un piccolo gruppo di manager sparsi per tutto il territorio italiano, a volte, anche oltreoceano.
È fuori discussione come Internet sia entrato in maniera preponderante e spesso, invasiva, non solo nella nostra vita personale ma anche nella quotidianità lavorativa. Utilizzare la tecnologia nei luoghi di lavoro è oramai imprescindibile; spesso i team si formano a distanza, si organizzano riunioni operative sempre meno in presenza e sempre più in collegamento web, insomma essere connessi costantemente è il prerequisito per fornire risposte e soluzioni con massima velocità.
Utilizzare la tecnologia in remoto per rallentare, fermarsi, ascoltare e ascoltarsi, è meno scontato e banale, anzi è quasi una mission impossible per i manager d’oggi sottoposti a continue pressioni.
Del concetto di Daniel Goleman di “intelligenza emotiva” si parla e discute da tempo all’interno delle organizzazioni ed è altresì noto che si sia tradotto in un modo particolarmente efficace di gestire sè stessi e gli altri attraverso l’impiego positivo delle emozioni, tanto interiormente, quanto nelle relazioni sociali.
Oggi il ruolo del manager sta vivendo un passaggio importante; da un approccio di controllo gerarchico ad uno centrato sulla capacità di motivare, ispirare, promuovere la crescita delle proprie persone, creare un clima costruttivo.
E in questo shift manageriale, l’intelligenza emotiva assume un punto focale per lo sviluppo della leadership.
Due le macro competenze dell’intelligenza emotiva che abbiamo visto fiorire, a mano a mano, nelle sessioni in remoto; la competenza personale ovvero l’ascolto di sé e delle proprie emozioni, e la competenza sociale attraverso l’ascolto degli altri, delle loro emozioni, valori ed obiettivi.
Cosa ha favorito lo sviluppo di queste abilità considerate il perno dell’intelligenza emotiva nel percorso di Group coaching?
L’interazione a distanza in gruppo.
Il primo tangibile effetto della distanza si è concretizzato in una maggiore preparazione mentale e fisica della sessione. Il manager prima di tutto doveva attivarsi per cercare uno spazio fisico lontano da rumori, email, suoni del cellulare e, quindi, predisporsi all’incontro sul web facendo silenzio intorno; primo passo fondamentale per prepararsi ad un atteggiamento di ascolto e connessione interiore e per contribuire alla creazione di uno spazio virtuale senza interruzioni e interferenze. Le filosofie orientali chiamano questo atteggiamento mentale “vuoto fertile”, solida base del processo di consapevolezza di sé.
L’interazione lontana ha favorito, inoltre, una maggior attenzione; guardarsi tutti contemporaneamente sulla piattaforma web, incorniciati in primo piano, ha contenuto le inevitabili distrazioni garantendo un ascolto più profondo ed empatico, fulcro della competenza sociale. La limitazione del mezzo tecnologico si è trasformata in una risorsa preziosa; infatti, per comprendersi è stato determinante ascoltare con maggiore impegno per limitare il rischio di sovrapporsi e di frammentare la conversazione; la pausa è risultata un segnale prezioso per scandire il passaggio fra un intervento e l’altro.
Grazie al potere della pausa, ognuno ha potuto connettersi con le proprie risonanze emotive suscitate dalla condivisione in gruppo di esperienze, feedback, successi ed insuccessi; questo contatto interiore ha portato ad una minore reattività e a una più fruttuosa gestione e consapevolezza delle personali emozioni e dei loro effetti sul proprio sistema relazionale. La fiducia nella condivisione ha, inoltre, creato appartenenza e un senso di comunità “remota” in grado di lenire la sensazione di solitudine emotiva che spesso i manager provano nella loro quotidianità lavorativa.
Lo spazio virtuale ha facilitato la scelta di parole più dense, autentiche, favorendo una comunicazione essenziale e meditata che spesso, la presenza, rende ridondante e poco sintetica. E comunicare in maniera chiara ed efficace è un’importante abilità dell’intelligenza sociale.
A mano a mano che lo strumento del Group coaching in remoto diveniva più fluido e familiare, ognuno ha raffinato la propria capacità di percepire i sentimenti che circolavano nel gruppo e di comprendere le ragioni sottese delle diverse prospettive, disobbedendo a quell’istinto così presente in chi ricopre il ruolo di manager, di fornire consigli o soluzioni immediate.
Si è formato in “remoto” uno spazio protetto, non giudicante in cui ciascuno, consapevole del sostegno del gruppo, ha potuto lavorare sul proprio obiettivo sentendosi libero di rivelare sentimenti scomodi che spesso circolano nelle aziende e che si fatica a svelare anche con le persone di fiducia. E saper verbalizzare gli stati d’animo permette di coltivare la padronanza e consapevolezza di sé, vero pilastro dell’intelligenza emotiva, e di essere un leader più autorevole, credibile cui riferirsi per superare sfide e difficoltà.
Essere sganciati anche fisicamente dagli spazi conosciuti e riconoscibili per entrare in un “non-luogo”, come direbbe l’etno-antropologo Marc Augé autore del neologismo, ha facilitato una comunicazione a 360° schietta ed immediata, finalizzata alla condivisione degli obiettivi, delle esperienze, delle diverse strategie e scenari.
Insomma, la distanza ha trasformato l’esperienza di Group coaching in una vera palestra privilegiata per allenare l’intelligenza emotiva oltre le barriere spazio temporali.
“La lontananza che rimpicciolisce gli oggetti all’occhio, li ingrandisce al pensiero”
(Arthur Schopenhauer)