Recentemente sono stata contattata da una giovane manager, che lavora, ormai da anni, nel settore della finanza. La sua richiesta, e dunque il motivo per cui si rivolgeva a me, era trovare una maggiore soddisfazione in ambito professionale.
In apparenza la sua era una situazione ideale: in una Milano che corre e che mira al profitto, lei, appassionata del suo lavoro e libera da vincoli familiari, si dedicava anima e corpo alla sua carriera, ottenendo risultati brillanti e, in tempi recenti, anche il giusto riconoscimento e la giusta visibilità in azienda.
Quello per cui aveva investito anni di studio e di lavoro era finalmente arrivato!
Sentiva però l’esigenza di un percorso di coaching, che avesse come obiettivo il raggiungimento di una maggiore sicurezza di sè, che le permettesse di “sentire” in profondità tutti quei riconoscimenti che riceveva in azienda. Un po’ come se tutta quella bravura che gli altri le riconoscevano fosse in realtà una maschera sotto la quale non si riconosceva più: gli altri la consideravano bravissima ma lei non si sentiva “giusta”.
Aggiungeva a questo un sottile ma pervasivo senso di colpa, come a dire:”Tanti vorrebbero e forse meriterebbero questo riconoscimento e questa carriera; eppure io, che ce l’ho, non ne sono contenta!”.
Entrambe abbiamo dunque affrontato l’inizio di questo percorso con una certa curiosità: cosa mancava in questa vita così densa, che non consentiva di godere pienamente dei successi? Perché i continui riconoscimenti che Caterina (la chiameremo così) riceveva la facevano sentire frustrata anziché orgogliosa?
Già nei primissimi incontri di Coaching si è andato delineando il vero nocciolo del problema: Caterina non soffriva di un’ambizione sfrenata che la faceva essere sempre insoddisfatta; non mirava a una perfezione più alta di quella che gli altri le riconoscevano. Anzi, banalmente, sentiva il bisogno di dare un equilibrio diverso alle dimensioni della sua vita; sentiva forte la spinta ad andare, almeno ogni tanto, in una direzione diversa.
Concedersi ogni tanto un weekend al mare senza il perenne collegamento all’ufficio, poter dire “ora vado a casa” quando sentiva in coscienza di aver fatto bene tutto ciò che doveva, saper dire NO all’ennesima e urgentissima trasferta di lavoro non pianificata, nel nome della propria salute o del proprio benessere, erano esperienze che aveva ormai dimenticato.
Ed ecco che allora il coaching si trasforma, più che mai, in servizio alla persona, anche dal punto di vista professionale perché avere un buon equilibrio tra le diverse sfere della propria vita significa portare in azienda positività e non frustrazione, energia e non risentimento, persona e non “maschera”.
“Se vuoi fare un passo avanti, devi perdere l’equilibrio per un attimo.”
(Massimo Gramellini)